Scritto da: Adriana De Nichilo
L’estate sta volgendo al termine e chi come me ha vissuto le vacanze lontano da casa, porta con sé i ricordi di paesaggi, profumi e colori dei luoghi visitati.
Quest’anno la mia meta di viaggio è stata l’Egitto. Mi sono sentita inizialmente frenata sulla scelta della destinazione per via delle vicende politiche degli ultimi anni che hanno investito i rapporti tra Italia ed Egitto. Nello specifico mi riferisco al caso di Giulio Regeni e alla vicenda di Patrick Zaki; si tratta di ferite difficili da rimarginare che però non hanno nulla a che vedere con l’ospitalità del popolo egiziano.
Nonostante il soggiorno sia durato solo una settimana, ho visitato luoghi incredibili e fatto un pieno di energie positive. L’Egitto è un paese in cui sono confluite culture e popoli differenti e, come noi con gli antichi Romani, hanno ereditato un passato di grandi civiltà e antichi splendori. In particolare al Cairo sorgono i monumenti più suggestivi e spirituali non solo dell’Egitto ma dell’intera umanità.
A tutti noi sarà capitato almeno una volta nella vita di leggere un libro o guardare qualche documentario sugli Antichi Egizi. Sin da bambina io sono stata affascinata dall’archeologia e negli anni questa passione mi ha spinta verso lo studio dell’arte e dell’architettura.
La mia vacanza si è svolta principalmente in una località balneare sul Mar Rosso, ma non mi sono fatta scappare la possibilità di fare un’escursione in giornata al Cairo. Appena arrivati in città siamo stati accolti da un egittologo esperto della cultura egizia e in grado di tradurre i geroglifici.
Davanti alle piramidi tutta la storia e l’ingegno del popolo egizio sono visibili a colpo d’occhio: da vicino gli enormi blocchi delle piramidi lasciano senza fiato, perfettamente accostati e posati l’uno sull’altro con eccezionale precisione. Da lontano è possibile cogliere il volume perfetto delle costruzioni, il rapporto con il paesaggio desertico e i giochi di luci e ombre al variare delle ore del giorno.
L’altopiano di Giza è costituito da un terreno roccioso di eccezionale resistenza, scelto per sostenere il carico dei blocchi di pietra adagiati su di essa. Le piramidi non sono sempre state così come le vediamo oggi. Nel passato la forma piramidale era resa ancora più grandiosa mediante un rivestimento in calcare che rendeva lisce le facce e attraverso un pyramidion collocato sulla sommità, realizzato con pietre rare quali la diorite o il basalto. La piramide di Chefren è l’unica che conserva ancora parte del rivestimento in calcare bianco di Tura, quasi del tutto deteriorato a causa di eventi sismici.
Tra gli studiosi è ancora in corso il dibattito sulla funzione di queste gigantesche costruzioni: è stata messa in discussione la teoria secondo la quale si trattasse di monumenti funerari ed è stata avanzata l’ipotesi che venissero utilizzati come centri energetici. All’epoca della costruzione il fiume Nilo raggiungeva la piana e, attraverso le sue acque, venivano trasportati gli enormi blocchi di pietra provenienti dalle cave del sud Egitto.
Attorno alla piramide di Cheope sono state rilevate sette fosse che ospitavano le barche sacre dei faraoni. Durante la visita ci è stata mostrata la fossa sul lato sud dove nel 1954 è stata portata alla luce la barca solare di Cheope, ritrovata in buono stato di conservazione e divisa in 1224 pezzi in legno di cedro assemblabili ad incastro.
Non si percepisce solo grandiosità, ma anche un’aura di mistero e spiritualità che coinvolge altri monumenti: la Sfinge e il tempio funerario di Chefren. La porzione del tempio a valle ospitava una sala a forma di T rovesciata con pilastri monoliti di granito rosso collegati tra loro da imponenti architravi. La sala, dove originariamente erano presenti anche le statue del sovrano realizzate in diorite verde, trasmetteva a chiunque vi accedesse un senso di rispetto e deferenza. I pavimenti, solo parzialmente visibili, erano in alabastro.
È stato interessante apprendere dalla guida che gli uomini reclutati per realizzare questi monumenti non erano schiavi bensì persone istruite e ben retribuite, in grado di svolgere mansioni che richiedevano precisione e cura. Pare che i lavori venissero portati avanti soprattutto durante la piena del Nilo, offrendo un’alternativa occupazionale nei periodi in cui non era possibile lavorare la terra.
Ho cercato di raccontarvi le curiosità più stimolanti della visita ma devo aggiungere che ho molto apprezzato anche la pausa pranzo all’ombra di un ristorante sul Nilo e il dissetante karkadè egiziano, un infuso ricavato dai petali dell’ibisco (con aggiunta di ghiaccio per affrontare le temperature roventi).
Infine non poteva mancare la visita del Museo Egizio. L’arte e la scultura egizia colpiscono per la ricchezza dei dettagli e il realismo. Alcune statue sembrano quasi animate e trasmettono la personalità del soggetto raffigurato, sia che si tratti di un faraone uomo o donna, di un sacerdote o di uno scriba.
Per gli Egizi tutto ciò che faceva parte della vita quotidiana meritava di essere portato nell’aldilà tanto quanto gli oggetti sacri e di guerra. All’interno delle tombe dei faraoni sono stati rinvenuti non solo manufatti religiosi e statue votive ma anche oggetti d’uso comune quali contenitori per il cibo, tessuti, oli ed essenze profumate, giocattoli e tanto altro.
Dopo questa immersione nel mondo egizio mi è venuta voglia di pensare al prossimo viaggio. Con la mente sto già immaginando un itinerario verso Abu Simbel, Luxor e la valle dei Re. Chissà, magari la prossima estate potrà esserci l’occasione…
A presto!